Polvere da sparo senza fumo: tipologie e caratteristiche

polvere da sparo senza fumo

La polvere da sparo senza fumo si differenzia dalla più antica polvere nera per la capacità di sviluppare solo prodotti gassosi durante il processo di combustione, con minimo residuo solido e con assenza quasi totale di fumo.

Col passare del tempo queste polveri sono state via via perfezionate e ad oggi presentano qualità balistiche notevolmente superiori alla polvere nera, il cui però principale problema d’impiego, soprattutto in ambito bellico, era proprio dovuto alla presenza del fumo, agli abbondanti residui solidi nelle canne ed alla vivacità di combustione.

Inoltre mentre la polvere nera è costituita da un miscuglio fisico-meccanico di sostanze (carbone, zolfo e nitrato di potassio) affinché in essa siano presenti combustibile e comburente, le polveri senza fumo sono composti chimici che quindi contengono combustibile (carbonio) e comburente (ossigeno) direttamente a livello molecolare.

Se vuoi comprendere al meglio quanto riportato di seguito, ti consigliamo di leggere l’articolo dedicato alla differenza tra deflagrazione e detonazione.

La scoperta delle polveri infumi può attribuirsi al capitano prussiano Schultz, che nel 1864 realizzò la prima polvere da sparo senza fumo mediante la nitrazione della segatura del legno.

Le moderne polveri senza fumo si distinguono in due categorie:

  • Polveri alla nitrocellulosa pura gelatinizzata, dette anche monobasiche o a singola base;
  • Polveri alla nitroglicerina, dette anche bibasiche o a doppia base.

Diamo uno sguardo alle caratteristiche di entrambe le tipologie di polveri per poi effettuare un confronto.

Polvere da sparo senza fumo alla nitrocellulosa gelatinizzata

La nitrocellulosa è un composto chimico ottenuto dalla nitrazione della cellulosa, ossia una reazione chimica che avviene immergendo, per un tempo ben definito, della cellulosa purissima (solitamente estratta dai linter del cotone) in una miscela di acido nitrico ed acido solforico.

Il composto che ne viene fuori presenta elevate proprietà infiammabili ed esplosive.

A seconda della proporzione tra acido nitrico e acido solforico impiegata nella miscela, è possibile dare vita a nitrocellulose con un titolo di azoto differente. Quelle utili ai fini della creazione di una polvere da sparo sono tre:

  • Cotone collodio: con un titolo di azoto teorico del 11,98%;
  • Pirocollodio: con un titolo di azoto teorico del 12,78%;
  • Fulmicotone: con un titolo di azoto teorico del 13,50%.

Il cotone collodio è molto più debole del fulmicotone in quanto quest’ultimo contiene una maggiore quantità di biossido di azoto della cui molecola fanno parte due atomi di ossigeno, elemento che serve in grandi quantità durante il processo di deflagrazione.

Tuttavia, allo stato naturale queste nitrocellulose sono abbastanza instabili e non possono essere utilizzate come esplosivi da lancio. I motivi sono diversi:

  • Estrema velocità di combustione, che porta a detonazione;
  • Instabilità chimica che causa autoesplosioni anche a temperature ambientali non troppo elevate;
  • Degenerazione che altera nel tempo la composizione chimica della polvere e quindi anche le sue proprietà balistiche.

Tutto ciò è da attribuirsi ai minimi residui di acido presenti alla fine del processo di nitrazione.

Frederick Abel che nel lontano 1864 scoprì che per rimuovere gran parte di tali residui e ridurre drasticamente la velocità di combustione, la nitrocellulosa doveva essere sottoposta ad abbondanti lavaggi e sfibrature.

Mentre per renderla ancor più stabile e rallentare il processo di degenerazione, oltre all’utilizzo di materie prime purissime, oggi vengono utilizzati anche degli additivi stabilizzanti che contribuiscono in maniera decisiva alla sua conservazione, mantenendone inalterate per lungo tempo le qualità chimiche e balistiche.

Come creare la nitrocellulosa

Ma vera la rivoluzione, che poi ha fatto della nitrocellulosa la base di tutte le moderni polveri da sparo, è la gelatinizzazione, da attribuirsi all’ingegnere francese Paul Vieille che stava effettuando degli studi sulla solubilità della stessa in vari solventi.

Egli scoprì che trattando la nitrocellulosa con alcune sostanze, soprattutto alcool, etere e acetone, ne veniva modificava profondamente la struttura fisico-chimica.

Non solo la velocità di combusione diminuì velocemente grazie al fatto di passare da una struttura fibrosa-porosa ad una colloidale e compatta, dando vita ad un esplosivo deflagrante e quindi in grado di essere usato a fini propulsivi anziché esplosivi, ma assunse una caratteristica massa gelatinosa e plastica, che né agevolò la lavorazione e consentì di realizzare grani di polvere dalla forma e peso differente.

Differenti forme geometriche e peso dei grani consentono di controllare la vivacità della polvere.

Polvere Nobel Sport SP2 – forma quadrata
Polvere Nobel Sport GM3 – forma granulare
Polvere Nobel Sport 206V – forma discoidale

In particolare cotone collodio e pirocollodio gelatinizzano con una miscela di alcool ed etere, mentre il fulmicotone gelatinizza con l’acetone. Tutti solventi volatili, ossia che vengono poi eliminati durante i procedimenti di fabbricazione delle polveri, purificati e riutilizzati.

In seguito vedremo che il cotone collodio gelatinizza con un solvente fisso, ovvero che si lega del tutto e che non viene rimosso alla fine del processo di produzione: la nitroglicerina.

Nonostante la possibilità di poter agire sulla forma e la dimensione dei grani, le polveri alla nitrocellulosa presentano comunque una velocità di combustione molto elevata che ne limita l’utilizzo con cariche di piombo pesanti.

Ed è così che per ridurre la vivacità possono essere adoperati due procedimenti:

  • Procedimento meccanico: la calandratura, ossia un procedimento dove per mezzo di uno schiacciamento per compressione si modifica lo spessore del grano e la densità dell’impasto;
  • Procedimento chimico: il rivestimento dei grani con additivi raffreddanti, procedimento molto utilizzato per la produzione di polveri monobasiche impiegate in cartucce magnum.

Le polveri monobasiche a piccola granitura, ossia tutte quelle utilizzate a caccia, presentano un ulteriore difetto: hanno la tendenza ad elettrizzarsi facilmente per mutua frizione dei grani.

Ciò può innescare incendi ed esplosioni.

Fortunatamente anche a questo esiste rimedio e si chiama grafitazione. Praticamente sulla superficie del grano della polvere viene fatto aderire un sottilissimo strato di grafite, che impedisce la formazione di cariche elettrostatiche. In molti casi ne migliora anche la progressività.

A questo punto la polvere, al netto dei grani troppo piccoli o troppo grossi e correttamente stagionata, può essere utilizzata per il caricamento delle cartucce da caccia.

Le polveri da sparo alla nitrocellulosa vengono dette anche polveri fredde o a combustione incompleta in quanto per le loro caratteristiche chimiche sviluppano meno calore di quanto potenzialmente in grado di sviluppare (circa 2.700 °C) e non consentono una combustione completa.

Ciò accade perché la nitrocellulosa contiene nella sua molecola una quantità di ossigeno insufficiente per la combustione completa del carbonio che contiene.

La scoperta della gelatinizzazione diede vita a diverse classi di polvere alla nitrocellulosa:

  • Polveri gelatinizzate alla nitrocellulosa pura porosa;
  • Polveri gelatinizzate alla nitrocellulosa pura compatta;
  • Polveri alla nitrocellulosa pura gelatinizzata granulari e granulari-compresse;

Analizziamo velocemente le principali caratteristiche le che differenziano.

Polveri gelatinizzate alla nitrocellulosa pura porosa

Generalmente formate da pirocollodio e fulmicotone, sono polveri da sparo infumi il cui grano viene reso poroso in modo da facilitare l’accensione ed assicurare una completa e regolare combustione anche con inneschi di bassa e media potenza, per via della combustione che penetra all’interno dei grani.

Si presentano solitamente in grani relativamente grandi ed hanno una densità gravimetrica media o medio-bassa.

Rappresentano il maggior numero delle polveri monobasiche.

Polveri gelatinizzate alla nitrocellulosa pura compatta

I grani di queste polveri sono privi di pori. La combustione si sviluppa dunque dall’esterno per strati paralleli.

Si presentano solitamente sotto forma di piastrelle levigate (lamelle) ed hanno una densità gravimetrica media o medio-alta.

Polveri alla nitrocellulosa pura gelatinizzata granulari e granulari-compresse

Le polveri da sparo gelatinizzate granulari sono formate da granuli rotondeggianti od ovoidali, ottenuti frantumando l’impasto – precedentemente essiccato – in granuli mediante alcuni procedimenti.

Sono polveri che possono essere impiegate direttamente così come ottenute.

Talune invece sono sottoposte a compressione, i cui grani assumono una forma di dischetti più o meno sottili, irregolari e sfrangiati al bordo.

L’operazione di compressione ha come obiettivo quello di conferire alla polvere un appropriato regime combustivo, che risulta simile a quello delle polveri lamellari.

Pregi e difetti delle polveri monobasiche

I principali difetti delle polveri monobasiche rispetto alle doppie basi sono:

  • una spiccata sensibilità all’umidità ambientale per via dell’elevata igroscopicità, che provoca una riduzione del rendimento in quanto il vapore acqueo sottrae calore ai gas riducendo in modo sensibile la pressione;
  • un potenziale inferiore per via della temperatura di esplosione relativamente bassa (per via della carenza di ossigeno nella molecola) che riduce il suo lavoro utile e genera maggiore incombusto;
  • correlato al motivo cui sopra, comporta un dosaggio più elevato e quindi un costo di caricamento maggiore.

I principali pregi delle polveri monobasiche sono:

  • possibilità di ottenere alte velocità e penetrazione dei pallini con pressioni massime ridotte;
  • scarsa fiamma di bocca dovuta alla temperatura più ridotta dei gas;
  • facilità nel dosaggio per via della bassa densità gravimetrica;
  • possibilità di creare propellenti versatili poiché è possibile variare la vivacità della combustione modificando la granitura, la composizione chimica di base, il grado di porosità ed aggiungendo additivi refrigeranti e ritardanti;
  • basso potere erosivo dei gas per via della bassa temperatura di esplosione;
  • riscaldamento delle canne limitato.

Polvere da sparo senza fumo alla nitroglicerina

Nel 1846 il chimico italiano Ascanio Sobrero sintetizzò la trinitroglicerina, più comunemente conosciuta come nitroglicerina, ossia il composto chimico ottenuto dalla nitrazione della glicerina purissima.

Tra le sue caratteristiche chimiche, presenta un contenuto medio di azoto del 18,5%, molto più elevato del fulmicotone, il che fa di questa sostanza uno degli esplosivi più potenti.

La sua capacità di esplodere sopra i 150 °C, il basso punto di congelamento (+7 °C) e l’elevatissima sensibilità agli urti ed agli attriti meccanici, rallentò di molto l’applicazione pratica di questo esplosivo fino a quando, 20 anni dopo, Alfred Nobel scoprì che se fatta assorbire da una sostanza fossile, perdeva gran parte della sua sensibilità pur mantenendo inalterate le sue capacità esplosive. Nacque così la dinamite.

Ai fini della creazione di polveri da sparo però non trovò, per i motivi cui sopra e per il fatto di essere liquida, applicazione.

Leggi anche: come fare la nitroglicerina: ingredienti e procedimento.

Tutto cambiò qualche anno dopo quando si scoprì che la nitroglicerina era in grado di far gelatinizzare il cotone collodio, dando vita ad un composto omogeneo, gelatinoso e plastico dalla struttura colloidale e compatta.

Analogamente alla nitrocellulosa, il composto ottenuto presenta una combustione lenta e graduabile modificando a piacere la forma geometrica e la dimensione dei grani. Nacquero così le prime polveri da sparo alla nitroglicerina.

Proprio per il fatto che la nitroglicerina non viene mai impiegata come unica base, ma sempre unita in proporzione con la nitrocellulosa (entrambi composti di base attivi ai fini esplosivi) queste polveri vengono denominate a doppia base.

Le polveri da sparo alla nitroglicerina vengono dette anche polveri calde o a combustione completa in quanto la molecola, a differenza di quella della nitrocellulosa, contiene un eccesso di ossigeno a quella necessaria per la combustione di tutto il carbonio contenuto.

Poiché la nitroglicerina viene impiegata insieme alla nitrocellulosa, l’ossigeno in eccesso viene utilizzato per trasformare completamente anche l’eccesso di carbonio contenuto nella nitrocellulosa. Questo consente alle polveri bibasiche di raggiungere una temperatura più elevata (circa 3.500 °C) e di bruciare quasi completamente.

In virtù del loro elevato potere calorifero, il dosaggio di carica è sempre sensibilmente più basso rispetto a quello delle polveri a singola base.

Le polveri da sparo alla nitroglicerina si dividono in diverse categorie:

  • Balistiti;
  • Balistiti attenuate;
  • Corditi e soleniti;
  • Doppie basi modificate o perfezionate.

Analizziamone le caratteristiche principali.

Balistiti

Si chiamano balistiti le polveri da sparo senza fumo costitute da circa il 50% di nitroglicerina e il 50% di nitrocellulosa gelatinizzata.

Presentano un’elevata resistenza all’umidità atmosferica (1,30-1,40% contro il 2% circa delle migliori monobasiche) per via della bassissima porosità e della completa gelatinizzazione del nitrocotone.

Purtroppo l’elevata temperatura raggiunta da queste polveri genera dei fenomeni erosivi nei confronti dell’acciaio delle canne, un certo grado di corrosività generato dagli acidi dei residui incombusti ed una sensibilità al freddo intenso.

Balistiti attenuate

Si chiamano balistiti attenuate le polveri da sparo infumi costitute da circa il 40% di nitroglicerina e il 60% di nitrocellulosa gelatinizzata.

Il dosaggio di carica non si discosta di molto dalle classiche balistiti ma la minor quantità di nitroglicerina, unita all’aggiunta di ossigeno, eroga una temperatura di fiamma meno elevata, attenuando il fenomeno erosivo.

Corditi e soleniti

Le corditi sono particolari propellenti a doppia base dalla forma geometrica simili a corde. Possono contenere una percentuale più alta o più bassa di nitroglicerina rispetto alle balistiti oltre a sostanze plastificanti, raffreddanti e stabilizzanti.

Per la preparazione di queste polveri viene impiegato un solvente volatile ausiliare, motivo per cui il cotone collodio può essere sostituito in tutto o in parte dal fulmicotone (che gelatinizza con l’acetone).

La prima cordite era composta del 57% di fulmicotone, 38% di nitroglicerina, 5% di vaselina e aggiunta di acetone come solvente ausiliario per la gelatinizzazione.

Simile alla cordite vi è la solenite, composta dal 61% di nitrocellulosa, 36% di nitroglicerina e 3% di olio minerale.

Sono entrambe polveri superate e scarsamente impiegate in contesto venatorio. Trovano maggiore applicazione in ambito militare.

Polveri a doppia base modificate o perfezionate

Per eliminare i difetti intrinsechi delle balistiti, vengono utilizzati particolari sostanze additive a funzione plastificante e raffreddante, che consentono di ottenere polveri a tenore estremamente basso di nitroglicerina (10-15%).

In questo modo si ottengono polveri di eccellenti qualità balistiche e di erosività pari o simile a quelle delle monobasiche.

Le polveri a doppia base modificate uniscono i pregi di entrambe le tipologie di polveri gelatinizzate, riducendone i rispettivi difetti.

Per via del loro basso contenuto di nitroglicerina, sono assai più simili alle polveri alla nitrocellulosa ma grazie alla più bassa igroscopicità sono più resistenti all’umidità atmosferica, mentre il potere calorifero della nitroglicerina ne agevola la combustione.

Il loro dosaggio è simile a quello delle polveri monobasiche.

Pregi e difetti delle polveri bibasiche

I principali difetti delle polveri bibasiche rispetto alle singole basi sono:

  • un potere erosivo maggiore che è stato del tutto reso simile se non indentico a quello delle monobasiche nelle polveri a doppia base modificate e comunque molto attenuato su canne cromate.
  • una maggiore sensibilità al freddo intenso (climi polari, da -15 °C in giù).

I principali pregi delle polveri bibasiche sono:

  • un potenziale superiore per via della temperatura di esplosione più elevata e minore incombusto;
  • correlato al motivo cui sopra, comporta un dosaggio minore e quindi un costo di caricamento ridotto;
  • elevata resistenza all’umidità atmosferica per via della bassa igroscopicità;

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